La fine dell’estetica di Instagram
La fine dell’estetica di Instagram: forse una iperbole, ma una iperbole molto vicina alla realtà.
Sono mesi che mi interrogo su Instagram, sulla sua estetica, sulla autenticità (tralasciando il discorso sui numeri e tutta quella parte) della comunicazione su questo social.
In particolare nell’ultimo periodo ho notato come ormai ci sia una saturazione, e quasi fastidio (anche mio personale) per un certo tipo di contenuti. E’innegabile che Instagram ha creato una sua vera e propria estetica: foto perfette, con luci perfette, su sfondi perfetti. Gallery cromaticamente armoniose, scatti che visivamente sono attraenti, a cui però spesso manca qualcosa: un messaggio autentico.
Personalmente sono stanca di foto di persone che fingono di fare shopping un giorno sì e l’altro pure da Chanel per poi comprare le stesse borse fake su siti cinesi, o di foto che ritraggono capelli perfetti su vasche da bagno perfette con viste perfette come fossero la vita di tutti i giorni.
Quello che mi ha stancato rispetto a queste foto, non è tanto l’estetica o la foto in sé, perché sono la prima a dare una grande importanza alla composizione estetica di una foto. Quello che mi ha stancato è sapere (perché lavoro come influencer e blogger da 12 anni) che queste foto spesso non corrispondono in niente e per niente alla vita reale.
Che di autentico, e di vero, in quella foto/messaggio non c’è nulla. Il problema di fondo è dal mio punto di vista l’autenticità del messaggio che trasmetti.
Partendo dal presupposto che una foto è per sua natura una parte di realtà, un pezzo di mondo su cui puoi lavorare e che tu decidi di mostrare, quello che ormai non ha più alcun senso è la mancanza di autenticità. Il nodo centrale, per molti profili soprattutto di influencer, è proprio qesto: l’aver costruito un racconto fatto solo di finto shopping, finte colazioni, finti viaggi stupendi, a lungo andare non regge.
Ho visto persone piangere o avere attacchi isterici per non essere riusciti a fare una foto in un determinato posto cosiddetto Instagrammabile (per carità, in alcuni casi è lavoro, ma in altri è voler alimentare a tutti i costi un “sogno”), ho visto persone soggiornare in ostelli da due lire per poi fingere di fatto una vacanza in un hotel di lusso (leggi questo estratto da un libro per capire di cosa parlo).
Vedo continuamente profili di persone con in mano decine di sacchetti di Chanel e Dior che fingono di fare shopping (perché quelli che tengono in mano sono shopper vuote), vedo gente che racconta una vita che non è la sua vita, in niente e per niente. Io stessa per un periodo quando dovevo andare in un ristorante o in un posto mi chiedevo se fosse “instagrammabile”: se ci penso adesso mi sembra follia, e mi sembra di aver ritrovato il lume della ragione.
Instagram ci ha venduto il sogno?
Forse. Sicuramente, per un periodo.
Ma anche il disagio.
Il disagio da parte dei creators di dover alzare sempre di più l’asticella della qualità, originalità, professionalità dei contenuti. Di dover essere sempre all’altezza “ di quello che va adesso”, di dover piacere sempre di più, di dover fare sempre di più, del confronto continuo e costante che per forza di cose si ha.
E da parte degli utenti, che scrollando il feed hanno a che fare con vite apparentemente perfette, location e hotel spesso non alla portata (nemmeno di chi li fotografa) di nessuno, capelli e mani sempre perfette, vite perfette, tutto perfetto. Quando la perfezione non esiste.
Ma credo che ora dal sogno ci stiamo svegliando, io per prima.
Durante il mio corso su blog e social media, uno dei punti che ho toccato a proposito di Instagram, è proprio quello dell’autenticità: da mesi, mesi, mi sono accorta che le persone cercano UMANITÀ, QUOTIDIANITÀ, AUTENTICITÀ.
Lo dimostrano anche dei sondaggi che ho fatto nelle mie Stories e ne ho conferma ogni giorno: le foto belle piacciono –ancora– certo, ma devono contenere un messaggio, oggi ancora più di ieri.
Anni fa (mentre facevo un lavoro di consulenza strategica sui social) un importante brand di moda voleva fare una collaborazione con delle influencer: il marchio voleva assolutamente includere nel progetto un profilo fondato su follower e interazioni (evidentemente e notoriamente) fake. Cercai di spiegar loro che non avrebbe portato a nulla, e quando chiesi perché volevano quel profilo mi risposero
“Fa foto belle, e poi abbiamo visto che ha lavorato con (altro nome brand competitor)”.
Ricordo – saranno passati almeno 5 anni- che risposi:
“Se devo fare una foto bella allora pago un fotografo e uso Gisele (o una modella), non mi serve un profilo così”.
Alla fine, nonostante abbia insistito a cercare di far comprendere l’inutilità di quella richiesta, la campagna venne fatta (contro la mia volontà), non portò alcun risultato e ne pagai anche le conseguenze.
Questo per dire che “le foto belle” non bastano più. Una foto deve raccontare qualcosa, laddove sia bella, o essere autentica: contenere un messaggio, o dare uno spaccato di vita.
Una foto deve contenere qualcosa in cui chi ti guarda e segue si possa identificare, qualcosa che la possa riguardare o interessare: credo che la fase degli unicorni, degli avocado toast, delle foto in abito da sera in mezzo al deserto (sempre che tu non sia una vera socialite o celebrità che vive davvero quella vita da WOW) e tutte quelle foto troppo costruite sia finita.
Personalmente non credo smetterò di fare foto curate, ma quello che ho sempre cercato di fare e di comunicare, è la mia autenticità: se anche questa foto è evidentemente fatta da una fotografa, è comunque uno spaccato della mia vita. Indosso un look che porto quotidianamente e che mi sono comprata, è scattata in un angolo della mia città in cui passo quotidianamente. Racconta quello che mi piace e chi sono.
Forse molti di voi non lo ricordano, ma quando Instagram venne rilasciata e per un bel periodo (anni) si potevano caricare solamente foto fatte direttamente dalla app: questo significava che al di là dei filtri di Instagram con cui modificare la foto, non si potevano utilizzare foto prese dalla gallery o fatte con altri dispositivi che non fossero il tuo telefono, non si potevano di certo passare le foto da Lightroom o Photoshop o da tutte le svariate app di modifica ed editing.
Come per tutte le cose e come per tutte le cose che diventano massive, siamo arrivati ad un punto di svolta, di saturazione: vi che cosa ne pensate?
*Il titolo del post riprende questo interessante articolo che vi consiglio di leggere
https://www.theatlantic.com/technology/archive/2019/04/influencers-are-abandoning-instagram-look/587803/