Avere una figlia
Quando ho scoperto di aspettare una figlia, una femmina, sono stata super felice. Ma un po’ mi sono anche tremati i polsi.
Qualche settimana prima di sapere che sarebbe stata una femmina, avevo visto un video che mi aveva emozionato tantissimo, We’re glad it’s a girl, nell’ambito della presentazione del programma di empowerment promosso da Benetton.
Mi sono tremati i polsi, perché, al di là delle immagini che nella mia mente proiettavano già quel rapporto speciale che solo quello tra madre e figlia può essere tale, questo non è proprio un Paese per donne.
Da anni lotto e sostengo le battaglie delle donne per l’empowerment femminile, ossia per tutto quello che sostiene le donne nella mastodontica fatica di vedersi riconosciuti onori (e oneri) alla pari degli uomini soprattutto a livello professionale.
Ma al di là di questo sono consapevole e vivo sempre le difficoltà dell’essere donna in questo Paese, che non è ancora un Paese per donne.
Io mi auguro che mia figlia, quando arriverà all’età in cui dovrà decidere e confrontarsi con il mondo del lavoro, vivrà in un Paese migliore. In un Paese che riconosce le donne come individui al di là e oltre le scelte personali, che non le considera una appendice degli uomini, che abbia infranto quel soffitto di cristallo che impone paghe inferiori alle donne a parità di mansioni e responsabilità rispetto agli uomini.
Un Paese dove davvero una donna sia libera, in tutto e per tutto, di compiere le sue scelte.