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Fashion

Fashion blogger e guadagni: Chiara Ferragni fattura 8 milioni di euro, Bryan Boy 1

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La notizia che oggi ha praticamente monopolizzato i canali social degli addetti ai lavori nel fashion riguarda la più famosa fashion blogger al mondo, Chiara Ferragni di The Blonde Salad, che, stando a quanto riportato in un articolo su WWD, si avvia a chiudere il 2014 con un fatturato tra i 6 e gli 8 milioni di dollari.

Un dato che, se da una parte appaga la pruderie di chi, da sempre si chiede quanto guadagni una -beh, nel suo caso, LA fashion blogger per eccellenza, dall’altra impone una riflessione e un ragionamento su quello che è un caso unico nell’industria della moda (e un mea culpa da parte di detrattori ed invidiosi). Perché, leggiamo su WWD, circa il 30% del fatturato deriva dal blog ma il restante 70% (e parliamo di milioni di dollari) deriva da vere e proprie attività imprenditoriali realizzate da Chiara e dal suo team di collaboratori, come la tanto vituperata linea di calzature che dal 2011 porta il suo nome, o la collaborazione con Superga e Steve Madden per la realizzazione di alcune capsule collection di scarpe.

Chiara, grazie evidentemente ad un grande intuito e fiuto per gli affari, in breve tempo ha modificato totalmente l’approccio al mondo del fashion blogging, lavorando non tanto alla costruzione di un blog, ma alla costruzione di se stessa come marca attraverso un percorso (rapido, è indubbio) che l’ha portata da fashion blogger, a style blogger a vera celebrity.  Come chiarisce nell’intervista Riccardo Pozzoli, suo storico ex fidanzato e compare deus ex machina del successo di Chiara, le collaborazioni che nascono per il blog sono una parte completamente separata rispetto al brand di scarpe che è frutto al 100% del lavoro della TBS crew, la società nata per gestire tutte le attività di Chiara. Una strategia che nasce dalla produzione di contenuti editoriali (principalmente fotografici) per arrivare alla vendita, con un approccio, come si legge sempre nell’intervista, esattamente opposto a quello di molti siti ed e-shop, nati come negozi online a cui poi sono stati integrati contenuti editoriali (basti pensare a Net-a-porter o Asos).

I contenuti del blog (rinnovato nella grafica ad aprile 2014 con l’introduzione di nuove sezioni dedicate non solo agli outfit di Chiara Ferragni), che fino ad un anno fa erano strumento promozionale per eccellenza del blog, hanno modificato la strategia di gestione del blog per farlo tornare un contenitore di storie più che di post sponsorizzati; da circa un anno infatti Chiara Ferragni collabora o stringe partnership con i marchi, più che vendere lo spazio sul suo blog. Anche qui, una strategia che sembra anticipare la moda degli web influencer e la pone rispetto ai brand come ambassador. In sostanza: ti invito ad un evento in cambio di un fee e tu mi “sponsorizzi” sui tuoi canali social.  Ma sul blog se vorrai ne parlerai, altrimenti no, dal momento che resta un tuo spazio autonomo. Decisione anche questa strategica: sul blog magari metto quelli con cui mi piacerebbe costruire qualcosa o a cui piacerebbe proporre qualcosa, o che semplicemente mi piacciono.

Piaccia o meno, Chiara dimostra di avere un istinto infallibile nello scegliere i suoi collaboratori nonché di essere un’imprenditrice a tutto tondo del made in Italy che ha capito, quando ancora molti non sapevano cosa fosse il digitale, quanto i nuovi modelli di comunicazione siano fondamentali per raccontare un prodotto e come sia cambiato il ruolo del testimonial e dei consumatori nell’era dei social media

Se lei resta un caso decisamente unico al mondo, ci sono altri blogger che posso contare su introiti a sei zeri. Fatturati alti che devono far fronte comunque ad uno stile di vita per forza di cose molto oneroso e dispendioso, considerando viaggi, hotel, abiti, accessori e tutto il necessaire per garantire una vita da fashion globe trotter. Secondo un articolo di Fastcodesign Bryan Boy vanta un giro d’affari attorno al milione di euro, “abbastanza per vivere comodamente ed essere in grado di non indossare abiti di campionario delle griffe ma di comprarmeli in negozio”, così come le americana Pink Peonies, Bag Snob o The Man Repeller. Tutti blog di origine americana, dove il fenomeno sembra essere completamente diverso rispetto all’Italia.

E dove, ci tengo a ribadirlo beneficio delle più giovani, questi restano casi unici, che non hanno ancora trovato replica nel nostro Paese nè altrove.

 

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